Cassio – Cisa
Da quando ho iniziato a camminare, ho sempre camminato sola. Sola nei boschi, negli incantevoli sentieri, lungo prati che mi hanno sentito cantare forte. Ho incrociato pochissimi pellegrini. 4 notti in ostelli, 3 delle quali mi hanno vista unica occupante della stanza. Ho speso pochissime parole, escludendo quelle rivolte alle salite, alle discese, al sole, alle stramaledette pietre che mi spezzano i piedi, all’asfalto che, poveretto, anche lui fa parte del gioco, agli alberi, ai caprioli – oggi, giuro, ne avevo uno a 5 metri – alle lucertole, alle lepri e agli scarabei. Però capite..spesso è un dialogo a senso unico. Non sono spaventata da questa solitudine. Credo che l’esperienza dell’anno scorso – in giro, da sola, per un anno – abbia segnato un prima e un dopo. A volte è stato terrificante. Ter-ri-fi-can-te. Ma l’ho sviscerata, l’ho ascoltata – tante, ma tante di quelle volte – l’ho misurata, l’ho guardata in faccia a lungo, senza abbassare lo sguardo, per quanto potessi, e molto molto profondamente l’ho compresa. La solitudine.
Non so cosa succederà in Toscana ma per il momento si tratta di cammino in solitaria per antonomasia. Per il momento sono dentro all’archetipo del cammino in solitaria. Ma oggi no. Oggi a Berceto, c’erano mio padre e mia madre. Davanti al duomo, i miei genitori. È stato emozionante, straniante e bello da morire. L’ultima volta che sono venuti a trovarmi mentre ero in viaggio, si trattava della Costa Rica. Ero andata a prenderli all’aeroporto di San Jose. Oggi loro mi stavano aspettando a Berceto. Mio papà mi aveva preparato panini e pollo. Mi sono sedura e ho mangiato. Poi, dopo circa un’oretta sono partita con una carica in corpo e un’adrenalina indescrivibili.
6 km più un là si concludeva la mia tappa, all’ostello della Cisa. E qui, inaspettatamente, un altro regalo, nel pomeriggio. Un altro dono. È venuta a trovarmi Manuela, mia sorella – non di sangue, ma comunque sorella- con Filippo e Diana, la loro bimba. Io non so spiegare la gioia di scendere le scale dell’ostello e di vederla. Bellissima, col suo pancione di 7 mesi e il suo solito sorriso che per me è casa.
Ci siamo abbracciate fortissimo e a lungo, come facciamo sempre noi due, e il tempo insieme – mangiando tortelli e bevendo tè, passeggiando per il giardino dell’ostello con Diana rapita dalla presenza magica di 10 pulcini e un coniglio – lo trattengo come pensiero felice da utilizzare – senza precauzione alcuna, senza istruzioni per l’uso – nei momenti di massimo scoramento. Perchè ci saranno…oh se ci saranno! Lo tengo li, pronto a soccorrermi, a sollevarmi.
È così strano. Così inusuale. Così benefico. Le persone del mio quotidiano stanno entrando in questa avventura che quotidiana non è. Neanche un po’, neanche per sbaglio. Le persone della mia vita vengono a prendere a calci nel sedere la mia solitidine. È una sensazione…mamma mia, che razza di una sensazione!
Ha molto a che fare col conforto. Ha molto a che fare con l’accudimento. Ha molto a che fare con ti voglio bene, sono con te, ce la farai, ma anche se non ce la farai chissenefrega, sii cauta, sii saggia, non strafare, riposati, cura la vescica, mangia, attenta alle macchine, bevi tanta acqua, occhio a non scottarti, i sali minerali li hai?
Ha molto a che fare col sono qui. Fisicamente qui. Col cuore qui. Ci sono.
Amore, insomma. Nient’altro che.
Passi camminati oggi: 28707