Medesano – Sivizzano
Mio fratello, l’ho già scritto in varie occasioni, ha il dono di apparire quando ho bisogno che appaia. Ieri, ad esempio, giusto per avvalorare quanto detto, è apparso. Ieri, perché ieri è stata dura. Ieri perché ieri mi scoppiava la testa. Il caldo me lo sentivo dentro, nelle osse, nel cervello, tipo sentimento, tipo stato d’animo o malattia. Mi sono ammalata di caldo, mi bruciavano le guance, avevo la nausea, e una spossatezza inguaribile. Ho pensato: non mangio. Ma non è che sia la cosa migliore da fare, in questi casi. Non dopo aver percorso più di 30000 passi. Allora Macci è apparso con riso bollito e patate lesse, preparate da nostra madre. Ho molto riflettuto sulla straordinarietà dell’evento. Quando sono lontana, magari alle prese con un’avventura d’oltreoceano mi è vicino, ma virtualmente. Quando ricapiterà che in 20 minuti di macchina mi possa raggiungere fisicamente, per portarmi patate lesse e riso? Credo dovrà passare molto tempo. Da lì in avanti, da Massi in avanti, è stato un susseguirsi di cose buone, di cose che mi hanno fatto bene, di Provvidenza, per chi vuole chiamarla così, di benedizioni, per chi preferisce, di fortunati eventi casuali. Io no, io non posso definirli eventi casuali, perché al caso non ci credo. E come ho letto una volta, il caso non è casuale, ma causale semmai.
Ieri, prima di tutto ho conosciuto Deborah. Deborah è assessore di Medesano. Abbiamo iniziato a parlare sui gradini dell’ostello che mi ospitava. Questo è accaduto: parole per terra. Racconti tra perfette sconosciute. Parole per terra, parole alla terra. Sederi sui gradini. E basta così.
Ho iniziato a camminare alle 6, verso Fornovo. La notte non ho chiuso occhio, mi sembrava di essere dentro un gavettone di caldo. Bomba di calura. Dormire e ardere. E in più a Medesano c’era la notte latino-americana e ho compreso che a Medesano fanno sul serio quando si tratta di ballare. Musica fino a notte fonda, per capirci. Nubi all’orizzonte al mattino e grazie al cielo, nemmeno un filo di sole. Seguo la guida minuziosamente e mi trovo a girovagare in un bosco. Al posto del passaggio segnalato, una gigantesca rete. Cambio strada, incespico tra rovi e ortiche e cani furiosi legati a catene, che sembrano dirmi: se ti pigliamo vedi.. Sono costretta a retrocedere nel tempo di un amen, e senza nemmeno rendermene conto mi trovo sul ponte dell’autostrada, totalmente, irrecuperabilmente persa. Bene. Bene. Tutto eccetto che bene, ma bene. E adesso? Adesso, penso, chiamo l’ufficio del turismo di Fornovo.
Pronto
Si
Salve io mi chiamo Patrizia, sto percorrendo la Francigena e mi sono persa.
Donatella sa chi sono. Aveva letto alcuni articoli del mio blog. Mi manda la sua posizione, attivo il gps, lo seguo. Sto camminando sull’asfalto, l’ho allungata ma almeno so dove andare. E poi suona un clacson e una mano mi fa segno dal finestrino. È Donatella! Mi è venuta a cercare. Sono incredula…
Volevo essere certa che fossi nei paraggi, mi dice, ci sei quasi..vuoi salire?
No grazie, ma non so spiegarti cosa significhi per me che tu abbia lasciato l’ufficio, preso la macchina, messo in moto la macchina, guidato la macchina, passato quel ponte per arrivare qui. A vedere se stavo bene e manco mi conosci. Voglio dire, ma sul serio, ma che roba da restarci di sasso.
Oggi è la giornata del restarci di sasso. Da Massi in avanti è tutto un restarci secchi. Un Massi ieri e uno oggi…Il Massi di oggi mi ha portato le ginocchiere della Fra.
Patti, te le porta Massi domani, mi ha scritto la Fra. Che lo sistemiamo quel ginocchio, mi ha scritto. E nella borsa che Massi mi lascia nel bar Paradise, prima di entrare sul ponte di Fornovo, mica ci sono solo le ginocchiere. Ci sono pure confetti, mandorle e multicentrum. E io mentre guardo il contenuto della busta li amo forte, fortissimo. Li amo con una dolcezza infinita, per questa cura così preziosa. Loro, persone di cammino, sanno la differenza che fa una mandorla. Sono loro le mie mandorle.
Attraverso il ponte e arrivo al paese appena in tempo. Sta per iniziare un signor diluvio universale. Corro sotto i portici di un supermercato mentre piove il mondo e ringrazio il mondo che piove e gli dico: grazie, grazie per aver aspettato. 10 minuti prima ed ero fregata. Significava bagnarsi fino al midollo. Fino alle mutande. Significava camminare fradicia per ore. Rimango sotto i portici. L’acqua è violenta. Piove di stravento. Pazienza, mi dico. Io che paziente non sono. Pazienza.
Finita la pioggia incontro Donatella che mi offre pure il caffè. L’abbraccio, oh se l’abbraccio! Cara Donatella, che fortunati i pellegrini che passano di qui. Quanta dedizione, quanto amore per il cammino e quanta attenzione per chi lo percorre.
Procedo verso Sivizzano. Si comincia a salire e riconosco quei paesaggi collinari delle mie terre che tanto amo. Il ginocchio va meglio, ha lasciato il posto (generoso lui) a una vescica che è già carne viva e batte ad ogni passo. Per esperienza so che dovrò portarla con me fino a Roma (sperando di arrivare a Roma), perché non c è modo che si rimargini…ma se resta una sola, isolata, va bene così. È più che accettabile, quasi un lusso.
Arrivo a Sivizzano, mi faccio fare un panino con pecorino e pomodoro e una Moretti, grazie e, giuro, non ho altro da chiedere alla vita. L’ostello è un incanto con una volta antichissima, del 1100. Scelgo il mio letto, mi butto sotto la doccia e tutto sembra andare nella direzione giusta.
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