Camaiore- Valpromaro
Questa è il giorno di Jose.
Lo incontriamo nel centro di Camaiore. Ci siamo alzate con calma (alle 6:30) e la camerata era già tutta vuota. Tutti di corsa verso Lucca, com’è giusto che sia. Ma noi stiamo invece pensando di fare una tappa intermedia, perché, lo giuro, siamo molto stanche e in più l’ostello di Valpromaro che si trova esattamente a metà percorso potrebbe essere il luogo ideale per fermarsi. Sappiamo che è un ostello piccolo, in mezzo a un paesino altrettanto piccolo, che propone cena comunitaria, utilizzando quelle modalità che tanto mi ricordano Santiago e che tanto amo.
Jose arriva verso di noi con Matteo, un ragazzo di Parma. Sta raccontando qualcosa in spagnolo, gesticola animatamente, ha un tono di voce alto, è piccolo, capelli bianchi, occhi azzurri e vispi tipo ragazzo della via Pal.
Raggiante, con lo zaino storto e la borsa a tracollo.
Hey jose, gli dico, il tuo zaino pende un po’.
Lo so, mi risponde, sorridendo, del resto mi rappresenta, anche io sono una persona disequilibrata.
Tutto da una parte, o tutto dall’altra? gli chedo.
Tutto da una parte o tutto dall’altra, mi risponde facendomi l’occhiolino.
Parliamo molto. Mi racconta della sua vita. Lavorava in un hotel, a Minorca. E poi pian piano arriviamo alla sua famiglia. E sento una tristezza profondissima, riservata ma impossibile da celare. Come fai a celarlo, se hai degli occhi così, se porti uno zaino tutto sconvolto e se hai 76 anni di vita sulle spalle e si vede che ti commuove anche un fiore. Voglio dire, come fai?
Non ha avuto fortuna negli affetti, e questo è il succo del discorso. Che è come dire mi manca un braccio, o un polmone, o un rene.
Non c’è niente di patetico, non c’è neanche un briciolo di autocommiserazione. C’è un bel po’ di dolore sì, ma non me lo butta addosso, nemmeno per un attimo, lo analizza, lo racconta, sorride. E poi un giorno è partito. Ha iniziato a camminare. L’arte del camminare come arte del guarire.
Mi dice che sono il suo sole per oggi e io gli rispondo che dovremmo avere una persone-sole per ogni giorno della nostra vita.
All’ostello di Valpromaro, a cena, conosco Katia, che insieme al suo cane, sta percorrendo la Francigena al contrario e che vorrebbe arrivare a Santiago e un gruppo di 4 ragazzi, freschi di maturità, che a soli 18 anni hanno deciso di imbarcarsi in questa avventura.
E Jose recita una poesia in catalano. Ha in bocca un rametto di rosmarino.
E Marika e Rosella domani concludono il loro pezzo di cammino.
E io penso a tutte le anime che stasera sono intorno a questa tavola. A cosa vogliono, a dove vanno. A chi siamo davvero. A chi sono io negli occhi di una persona che mi incontra per un giorno, un giorno soltanto.
Illuminarsi, illuminare. Anche per poco. Per il tempo che è richiesto. Per il tempo possibile e plausibile.
La mattina dopo Jose si incammina senza aspettarci. E`il suo arrivo a Lucca, ultima tappa, e deve arrivarci com’è partito. Di sole, da solo.
Me lo immagino arrivare in piazza col rametto di rosmarino in bocca, e per certo piangere. E per certo ridere, e fare una gran confusione. La gioia, si sa, ne richiede tanta.