Sono giorni che non dormo.
Sono inquieta. Sogno sogni che del sogno non han niente.
Un’angoscia..
E litigo!
Delle discussioni, delle sfuriate in quei sogni lì, che alla mattina poi ho tutta la federa del cuscino frastornata. Piango nel sonno. Come si fa da bambini, che ti alzi e hai gli occhi rossi-gonfi ma non perché non hai dormito: è che hai combattuto delle vere e proprie battaglie!
Hai rovinato amicizie millenarie, sei stato tradito, sei rimasto solo al mondo, sei caduto da un dirupo altissimo, ti hanno umiliato e ferito…tutto nel tempo record di sette ore.
Dei dispiaceri mi danno questi sogni…delle vere e proprie storture mattutine.
In ordine di tempo, l’ultima nefasta discussione notturna, l’ho avuta con Pietro.
E’ come dire che ho litigato con la mia costola o col mio avambraccio o con un dito della mia mano.
Pietro per me: una mia costola, un mio avambraccio, un dito della mia mano. La sinistra. La mano del cuore.
Non abbiamo mai discusso molto nella vita reale. Io, in generale, non sono una che ama discutere; lui nemmeno. Però con lui mi piace terribilmente far polemica. Lui si snerva. Io polemizzo ancora di più, lui mi dice “Taci”. E così finisce.
Pietro ha due caratteristiche su cui vale la pena soffermarsi. La prima è che il suo vero nome è Pier Paolo, ma io ho sempre pensato che avesse la faccia da Pietro e da quando lo conosco l’ho ribattezzato così. La cosa non l’ha mai minimamente turbato (piuttosto incuriosito), e credo che se ora mi rivolgessi a lui in un altro modo, ci rimarrebbe male o si sentirebbe confuso. Spiazzato, per non dire indispettito.
La seconda caratteristica – e qui voglio che squillino le trombe – è che, signore e signori, siamo di fronte a una persona felice.
Felice nell’accezione più compiuta del termine.
Felice per quello che è, felice di quello che ha. Una felicità non occasionale, piuttosto seriale, contestuale.
E non dipende da oggi, perché è stata una giornata strepitosa e nemmeno da domani perché avrò un aumento di stipendio o da giovedì perché mangerò l’arrosto spaccacuore di mia madre o da sabato quando incontrerò un uomo, ve lo giuro, perfetto e dopo avermi amato alla follia mi porterà a vivere per sempre al mare, io scriverò poesie e lui pescherà usando delle reti che io stessa avrò cucito e ascolteremo musica e balleremo tutto il dì…No. Non per queste cose, Pietro è felice.
Del suo quotidiano è felice lui.
Capite, che privilegiato questo amico mio?
Pietro si sposa.
Domani.
Tra meno di 24 ore.
E’ anche per questo che da una settimana non dormo. Sono emozionata.
Sono in sollucchero. Sono tesa. Non so dove stare. Saltello per casa nervosamente. Un’ansia insopportabile.
Me lo immagino domani, bello come il sole.
“Sì, lo voglio”
Mamma mia.
Sì, lo voglio. Mica paroline all’acqua di rose.
Ragionavo, in questi giorni, sulla potenza di alcuni sì e di alcuni no.
Quelle volte che nelle mani di alcuni sì e di alcuni no, ci piazzi la tua vita intera..
L’appoggi, non per un attimo.
Le dai un verso preciso. Da una parte. Dall’altra. Hai finito di stare nel mezzo.
Perché è si o no.
E’ SI o NO, potete giurarci.
L’indecisione, cari miei, da qui non è passata.
Non ha suonato il campanello, e se l’ha fatto noi non abbiamo risposto.
Ma non è così.
Io ho risposto un milione di volte, se devo essere sincera.
“Accomodati Indecisione, sono tutta orecchi”
Logorroica e fasullamente introspettiva, mi fa sempre perdere un sacco di tempo, ma non posso fare a meno di ascoltarla, perché la questione è decisamente intricata. L’indecisione, infatti, non prolifica solo in terra di rimpianto. L’indecisione attecchisce ovunque. E’ un’edera infestante.
Metti che hai scelto nel macro.
Hai detto un sì o un no grande come una casa. Ti è costato, l’hai sudato, l’hai macinato dentro per mesi, l’hai interiorizzato, l’hai compreso e finalmente eccolo.
“E quindi Patrizia, vuoi tu girare il mondo?”
“Sì, lo voglio!”
Ma…Da dove parto?
Prima doveva essere il Perù, ma ora, pian piano, mi sto facendo sedurre dal Messico, e quindi magari faccio un giro in Centro America, prima di passare al Sud America. Però vorrà dire che del Sud America vedrò un po’ meno, perché il tempo, si sa, vola…Starò facendo la scelta giusta? E se mi sbagliassi?
Come si fa?
A saper scegliere questo e quello, serenamente.. Come si fa?
Dimmelo tu, Pietro, che domani ti sposi, mentre io sto ancora inseguendo l’ennesimo cameriere per cambiare la mia ordinazione…
C’è questa canzone di Dente:
“..Ed ho capito finalmente, che ogni scelta è una rinuncia…E io non voglio scegliere mai più”
wow.
Se la mettiamo così, se davvero vogliamo metterla così, allora non c’è scampo.
Niente di nuovo sotto il sole. E’ una verità vecchia come il cucco, mi si potrebbe dire. Se vuoi una cosa, l’altra la perdi.
E allora cos’è che mi turba tanto?
Io credo che sia lo stare faccia a faccia di fronte alla mia limitatezza. Al fatto che sono poco, paurosamente poco, di fronte al paurosamente tutto.
E che il tutto non lo posso contenere.
Perché la mia indecisione mi fa così arrabbiare? Perché mi snerva tanto? Perché mi amareggia così?
Perché mi ricorda i miei confini.
Per un po’, si è fatto finta di niente. La comunicazione che è passata negli ultimi 20 anni è stata tutta incentrata su questo concetto: puoi tutto. E’ una mezza verità, impacchettata male, espressa in una maniera fuorviante, che ci fa sembrare delle poco credibili divinità abbarbicate su non so quale monte ( e io tra l’altro vivo in pianura e qui di monti non ce n’è manco l’ombra) che gridano con tutto il fiato che hanno in gola: Fate largo, gente! Passa quello che può tutto!
Puoi fare grandi cose, colossali, sarebbe più giusto dire, ma è il caso che prima tu faccia la pace con i tuoi confini.
Sei tanto, ma il tutto, per tua natura non lo puoi contenere.
Con le linee che ti demarcano, devi fare pace. Col tuo “sacro poco”, direbbe un altro Pier Paolo, devi fare pace.
Fai la pace, altrimenti ogni scelta è una rinuncia.
Vado a tentoni, perché questa faccenda dell’indecisione non si risolve in due righe…ma mi sembra che se si cambia tutta la questione e si prova a dire: “Non posso tutto”; ogni decisione, a quel punto, assomiglia molto di più a una conquista che a una rinuncia.
Ed è come dire, per quel che posso, con tutto ciò che posso, io lo voglio.
E lo voglio davvero.
Canzone consigliata per la lettura: “Finalmente” di Dente ( e non poteva essere altrimenti)
L’altro Pier Paolo è Pasolini.