il 28 gennaio è nato Selvaggio.
Non si chiama così in realtà. Per tutti (e all’anagrafe), lui è Mattia.
Eppure Selvaggio è il nome che mia cugina, la sua mamma, gli ha dato per tutta la gravidanza e che io ormai ho fatto mio.
Io e mia cugina siamo qualcosa di più complesso di una semplice parentela di primo grado.
Mio malgrado, per esprimere quello che voglio esprimere, mi tocca riciclare parole che finite dentro sceneggiature trite e ritrite (Grey’s Anatomy in primis), hanno perso il loro peso specifico. Colpa mia che non trovo un adeguato sostituto semantico, e mi tocca quindi ingoiare il rospo, mentre dico che Chiara (mia cugina, mamma di Mattia il Selvaggio) è, in assoluto, la mia persona
Ah è come una sorella quindi? no
E’ come la migliore delle amiche? no
E’ la tua confidente..insomma? no
E’ tipo.. Insomma cosa cavolo è?
E’ per me, il concetto (e la pratica) del voler bene in maniera totale a un altro essere umano
Mica è perfetta..mica che la penso sempre come lei..col cavolo.
Intanto è più saggia, più realista, più tosta e a volte disillusa, ma secondo me per finta. E’ pure celiaca, ma questo non lo inserirei tra le sue qualità o non qualità umane.
E poi è testarda, sempre a dirmi cosa devo e non devo fare, in grado, unica al mondo, di placare la mia ansia e fame di vita.
Placarla, non spegnerla. Placarla quando non posso soddisfarla; alimentarla, al contrario, quando posso.
Sarà che a 11 anni ascoltavamo gli Stadio e Renato Zero..che insomma era, tutto sommato, strano.
Sarà che si è sorbita tutti i deliri sentimentali, lavorativi, umani dei miei primi 35 anni di vita e mai una volta che mi abbia detto..no, oggi no.
Sarà che quando a Gabicce dovevamo tornare in camera alle 22:00 spaccate, scappavamo di nascosto dal retro dell’albergo (eludendo le nostre mamme) e una volta mi ha letteralmente sollevato perché mi ero incastrata tra il muretto e l’aiuola.
Sarà che abbiamo investito molto tempo a ridere e cantare (in maniera forte e sgraziata, entrambe le cose)
Sarà che non ci siamo piaciute da subito, ma quando ci siamo scelte (circa a 6 anni) non ci siamo mai più perse.
Perdersi, non è tra le cose che reputo possibili, per intenderci.
Selvaggio è nato e quando li ho visti insieme il senso di turbamentostupore mi ha annichilito.
Chiara aveva cambiato faccia. Era già una mamma. Aveva la faccia delle mamme. Quel sorriso lì, quel modo di tenerlo, quegli occhi gravidi (non era più gravida, ma gli occhi sì) di tutta una consapevolezza nuova e allo stesso tempo antica.. ancestrale. Sapeva cosa le era successo, senza saperlo davvero.
E Selvaggio era la dichiarazione di vita più incontestabile che ci fosse in quel momento in quello spazio di stanza/ospedale/pianetaterra.
Un essere umano-contenitore da riempire di tutti i sogni e le possibilità di questo mondo.
Ho avuto in un attimo l’assoluta conferma che il progetto che mi si stava arrovellando nel cervello da alcuni mesi non dovesse essere catalogato nella sezione “senza senso”, “torna sulla terra”, “metti la testa a posto”, “è un capriccio” ecc. Apparteneva sempre a una categoria, sì, ma l’etichetta era: “Urgente”.
Ho 35 anni e ho un sogno, che è già un’ urgenza, che ne impone la realizzazione e che non posso (proprio non posso) più rimandare: prendere un anno della mia vita per fare il giro del mondo in solitaria.
Di motivi ne ho molti e tutti molto validi, sinceri e importanti. Ma fondamentalmente, in questo momento, mi viene da dire, che parto perché Selvaggio è nato. E perché in maniera drastica e perentoria mi ha ricordato che sono nata anch’io…seppure 35 anni fa. E anch’io, nonostante la convenzione, la pigrizia, il mancato ascolto di me, a volte, me lo facciano dimenticare, sono un essere umano-contenitore che non può accantonare le proprie aspirazioni e che non può raccontarsi balle rassicuranti per non prendersi il rischio di realizzarle. E’ così che ci disumanizziamo forse. Tradendo i nostri sogni, addomesticandoli, rendendoli pericolosamente innocui.
E quindi le cose stanno così: parto.
Con molta paura e un po’ di coraggio.
E ho, a questo punto, 6 mesi di tempo per organizzare il mio viaggio del mondo in solitaria, con tutto ciò che comporta e ho un anno di tempo per vivermelo, con tutto ciò che comporta.
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Lo dedico a Selvaggio, a tutto quello che è e sarà, con l’augurio che sia sempre fedele al nome di battaglia che si porta in dote.