Caro mondo,
abbi cura di me.
Sto arrivando; questione di ore. Non più mesi. Non più settimane. Non più giorni. Solo ore, caro Mondo
Solo minuti e secondi di un’attesa densa e fangosa, di vestiti da imbustare e di uno zaino da controllare, e di coltellino e cartine e pantaloncini e infradito e di assicurazione e adattatore universale e di medicine e di tappi per le orecchie e dentifricio, e mutande e calze e fotocopie del passaporto e fotocopie del mio cuore.
Che resta anche qui. Spezzato dai tanti saluti, dalla forma degli alberi, dall’innafiatoio verde appeso alla fontana in cortile, dal cuscino sul divano, dalle cornici e dalle foto, dalla nostalgia di quando ancora sei a casa e pensi che non dovresti (che non è giusto) avere nostalgia di qualcosa che ancora tocchi, eppure, diosanto, ce l’hai. Come una proiezione futura, ma attuale, che ti dice, adesso, per l’amor del cielo, vai.
Vai.
Vai.
Vai.
Non è un paese per gente dal cuore tenero, caro Mondo. Se vedessi, se sapessi cosa succede dentro di me. Cosa succede dentro, anche se non so dirti precisamente dove. Dietro la pelle, dove risiedono gli organi, che rispondono ai sentimenti e ai pensieri e a quella massa atroce e bellissima che sono le emozioni.
Lo vuoi sapere cosa sto provando io, Caro Mondo?
Sto provando il peso dei sogni grandi.
Ti sto aspettando da così tanto, che questo nostro incontro assomiglia a quello di due che ancora non sono innamorati, ma comunicano da mesi, senza mai vedersi. Non sono certi di piacersi per davvero. Eppure entrambi, senza dirselo chiaramente – perché c’è da essere un po’ cauti, eh – sanno che nell’altro risiede la possibilità dell’amore. Quella possibilità – che è una, non 100 – li ha portati a notti insonni, ad arrossire all’improvviso, stupidamente, al solo pensiero di essere vicini, a un’inquietudine delirante e scostante, a una follia squilibrata.
Sono certi di volersi, di amarsi?
No, per niente.
Ma quella possibilità, che è una e una sola, lotteranno con le unghie e con i denti per potersela giocare.
Arriveranno all’appuntamento. Arriverò all’aeroporto
Vorranno morire quei 5 minuti prima, quando le gambe cederanno ad ogni stramaledetto passo. Mi dovrò obbligare a stare in piedi dritta, salda, obbligherò ogni cm del mio corpo.
Avranno desiderio di scappare. Avrò desiderio di scappare.
Sapranno che l’altro è dietro l’angolo, in quel caffè, dove si sono dati appuntamento. Mostrerò il mio biglietto aereo a una hostess bionda con la coda di cavallo, che mi rivolgerà un debole sorriso, seppur cortese.
Controlleranno di essere presentabili nello specchietto di una qualche macchina parcheggiata sul marciapiede. Farò il check-in
E poi rideranno d’ansia. Piangerò d’ansia.
E infine, quel salto, lo dovranno fare. E infine, quel volo, lo dovrò prendere.
E dall’altra parte, ci sei tu caro Mondo, che mi hai giurato che dopo il nostro incontro non sarò più quella di prima.
Mi hai detto che crescerò in un anno tanto quanto in una vita intera.
Tu, che hai alimentato il mio desiderio di te, con promesse di mari caraibici, di monti inespugnabili, di vento, di cascate, di passi polverosi su strade polverose e autobus notturni e animali esotici e paesaggi che ne hanno del miracolo; e di persone che tracceranno la mia storia, e di avventure che mi metteranno alla prova e di una vita da nomade, in cui cambiare centinaia di ostelli e letti e lenzuola e pensieri e conoscenze e tutta me.
Prenditi cura di me.
Fai in modo che io ti sappia accettare anche quando mi farai sentire sola e piccola e spaventata e persa e frustrata e malmessa e stanca.
Fammi essere salda.
Fammi essere forte.
Ti ho scelto. Ci siamo scelti.
Ricordamelo sempre.
Poteva essere diverso? Non lo so.
Poteva, sì…ma non ho voluto che lo fosse. Ho deciso di ascoltarmi e di credere che quello che mi stavo dicendo – seppure strano e folle e duro e complesso e magnifico da morire e assolutamente fuori dalla mia portata – fosse giusto, fosse saggio, fosse buono, fosse alla mia portata
E adesso sperimento il peso dei sogni grandi.
Con un nodo alla gola, la fatica a deglutire, la voglia di piangere, lo stomaco che si rivolta, la paura che paralizza, la tensione che mi rende esausta. Non ho più un briciolo di energia. Non ho più voce.
Ma sono viva. Sono indiscutibilmente viva.
E questa vita, io la voglio celebrare.
Non so cosa succederà. Darei un braccio per saperlo, ma non lo so.
Non so cosa succederà, ma adesso io ti vengo a prendere.
Adesso io vengo da te.
Adesso parto.
Aspettami,
Tua Patrizia
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canzone consigliata per la lettura: “Clean getaway ” di Maria Taylor